Archeologia delle gallerie virtuali (cronache da Second Life)

 In virtual vintage

Il tema delle gallerie virtuali è inscidibile dai mondi virtuali. In Second Life, terra di grande creatività, fin dai primordi si sono viste molte e interessanti gallerie virtuali. Ne avevo parlato nel libro Mondi virtuali, che avevo scritto con Aurélien Pfeffer (Castelvecchi 2006) e in Second Life (Meltemi, 2007). Da quest’ultimo libro è tratto il brano che segue:

L’avatar in SL rappresenta il primo contatto con l’arte. In un mondo in cui per il neofita è estremamente complicato trovare luoghi, città e soprattutto gallerie d’arte di una certa qualità, l’avatar che si incontra per strada può essere un modo per iniziare la ricerca. Guardi come è vestito, se ha una fisionomia originale, se ha un profilo (la scheda personale) interessante, e da lì inizi a setacciare quel mondo.
La ricerca delle opere di un certo interesse è complessa. Quando si passano in rassegna le gallerie d’arte di SL ci si imbatte quasi sempre in un’accozzaglia di stili, come nell’emporio di un rigattiere dove un quadro di valore è affiancato da una crosta col ritratto del vecchio ubriaco o del pagliaccio con la lacrima. In SL è lo stesso, ci sono un sacco di lavori assai modesti di fanatici di Photoshop esposti accanto a opere di un certo interesse, e capita così che ti trovi un dipinto di pregio vicino a un malinconico tramonto digitale.
L’impressione è esattamente quella di chi va a un mercatino dell’antiquariato: non c’è un criterio. Ci sono foto artistiche di avatar, disegni di ragazze sognanti della vita vera, disegni ispirati ai videogames, disegni ispirati all’arte fantasy di Frank Frazetta, disegni astratti in stile computer art vintage, tramonti infuocati su un mare digitale, in un minestrone estetico senza eguali.
Ma poi magari ci si imbatte nelle opere di Fau Ferdinand, che hanno qualcosa di Max Ernst e di Picasso e si distinguono per una grande eleganza grafica, o nei lavori di Youna Diqui, e si pensa che questa persona debba aver ben presente la Transavanguardia, o ancora, ci si sofferma davanti ai ritratti di Electrocutie Slippery.
Allora il panorama comincia a mettersi a fuoco. Innanzitutto ci si rende conto che qui l’arte veramente interessante non è quella digitale né, tantomeno, quella iperfuturibile, che risponderebbe alla scontata equazione virtuale=computer art astratta.
Le cose veramente originali si legano alla corrente del Surrealismo Pop. Anche se c’è una leggera differenza. Questa è l’arte di SL, è una cosa molto specifica. “Ogni artista qui elabora un proprio progetto, nell’ambito di SL”, dice, rivendicando la propria appartenenza a questo mondo, Fau Ferdinand, una delle artiste più note e apprezzate di SL, che ha anche realizzato un libro per bambini illustrato con la grafica di SL. Conferma l’idea di unicità di quest’arte Tom Bukowski, alias l’antropologo Tom Boellstorff. “I residenti di SL sono coscienti di quello che fanno”, spiega. “Basta pensare a cosa è successo col CopyBot . Per SL si può parlare di ‘capitalismo creazionista’: qui la creatività è valutata moltissimo ed è legata all’economia. Molti dicono che una delle cose più importanti di SL è che lascia spazio alla creatività. E un metaverso con contenuti creati dagli utenti è il puntello del sistema economico”.

SL è l’immenso museo virtuale per questo movimento di matrice underground. Vale per la moda, come per l’arte. Ed è un vero patrimonio.
Ve ne potete rendere conto visitando il Second Louvre, che non è la replica del Louvre di Parigi, con la Nike di Samotracia e la Gioconda, ma un museo con alcune delle cose più interessanti degli artisti di SL. Vi si possono fare interessanti scoperte, a cominciare dalla geniale opera di Stella Costello nell’atrio, una serie di sculture dove si passa progressivamente dal cubo grezzo fino all’avatar, in un percorso simile a quello dalla scimmia all’uomo. A proposito, dopo aver visto le opere di Zeppie Innis, memori di Van Gogh e di Delaunay, teletrasportatevi subito al primo piano, nella “Richelieu Wing” e nella “Denon Wing”, è lì che ci sono le cose più notevoli. Ci sono i lavori di Fau Ferdinand, tra cui spicca un ritratto femminile carico di voluttà klimtiana, anestetizzato in una nebbiolina digitale e memore delle opere di Lorenzo Mattotti e di Otto Dix; si ammirano le composizioni di Jessica Ornitz, che strizza l’occhio alla Transavanguardia e ha ben presenti pure le scatole di Joseph Cornell; ci sono i lavori di Abbey Underall, con i suoi corpi di gomma che ricordano Ron Mueck e Marc Quinn; o ancora, i sogni dark di Lenne Moskvitch, che non stonerebbero accanto alle opere di Ray Caesar.


E si potrebbe continuare con altri artisti e altre gallerie d’arte. Ci sono le monumentali sculture di Jefferson Psaltery e quelle di Starax Statosky (non più presente ufficialmente in SL), che ha l’onore di avere una propria statua, Achilles 2006, nell’atrio del Second Louvre. Ci sono le sculture alla Escher di Seifert Surface, le visioni di Conde Artaud, i dipinti di Wadei Jya. Senza dimenticare le opere di Filthy Fluno, memori di Basquiat, e le invenzioni di RuArt Semaphore. Questa è una scelta di artisti che operano in SL e che potrebbero incuriosire anche qualche gallerista del mondo vero. Non sono moltissimi, e non si pensi che ce ne siano tanti altri, sapendo che SL conta milioni di residenti. Se nel mondo vero è facile darsi la patente da artisti, figuriamoci nel mondo virtuale. Qui ognuno si sente legittimato a creare non solo delle presunte opere d’arte, ma addirittura delle gallerie virtuali in cui esporre i propri lavori realizzati in SL e nella vita vera.Se si digita la voce “art gallery” nella finestra “Search Places” viene fuori una marea di risultati, e lo stesso avviene se si digita la voce “artist” nella finestra “Groups” (tra l’altro compare anche una “Montmartre artists guild”, che sarebbe malinconica nel mondo vero ed è malinconicissima in un mondo virtuale). Esiste addirittura una specie di consorzio di gallerie d’arte, con un proprio catalogo, così come succede per le associazioni di gallerie d’arte o di antiquari nella realtà.
Ma, dicevamo, è vera arte? In genere no. Prima abbiamo fatto una carrellata sulle eccezioni, sui fuoriclasse. Il resto, in generale, è abbastanza deludente. Innanzitutto imperversano i quadri astratti e informali creati con Photoshop. L’unico progresso rispetto al mondo vero è che nella vita vera da anni si continua a fare indigestione di Impressionismo e qui invece si guarda un po’ più avanti. Qui vanno di moda l’informale e l’astratto ma il livello medio è comunque basso. Naturalmente poi, non manca il figurativo terra terra, che ha sfidato i secoli e sfida con successo anche le frontiere del cyberspazio: qua e là ho visto nature morte di dubbio gusto, cani e gatti vestiti da generali o da gentlemen e nudi pseudoartistici di donne vere e virtuali. Come nella realtà, questo tipo di arte va per la maggiore ed è presente in modo massiccio nelle esposizioni più tradizionaliste, come la Linden Gallery of Resident Art, che offre una panoramica sui lavori dei residenti di SL. Seguono le gallerie/museo che propongono quadri famosi per ar- redare le case degli avatar, come la SL Tate Gallery, dove ci sono moltissimi capolavori universali, dalla Gioconda ai dipinti di Magritte.Poi ci sono gli artisti che vogliono portare l’arte vera in SL, usan- do il mondo virtuale come un’ulteriore vetrina. In quest’ambito capita di imbattersi in ricerche originali, come quella di Dancoyote Antonelli, animatore del Museum of Hyperformalism. Non mancano neanche le gallerie che si muovono in più direzio- ni, come la galleria 3000 AD e il Phoenicia Center for Contemporary Art, che ha presentato una mostra di snapshot di avatar di SL, un’esposizione di quadri figurativi, e una di foto vere fatte in Cina.

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