Yarden Yaroshevski: Occupy White Walls, un’idea democratica di arte e la forza dell’intelligenza artificiale

 In gallerie e musei virtuali, personaggi

Anche il mondo dell’arte, con le sue dinamiche, sta cambiando. D’altra parte, a pensarci bene, sta cambiando tutto: i cinema rischiano di sparire, le edicole sono state decimate negli ultimi anni, e anche le gallerie d’arte stanno cercando nuove modalità più flessibili, anche in periodi di emergenza. Ecco allora che ripensare totalmente il modello della galleria classica, ideando un mondo virtuale concepito come una supergalleria, rientra in un discorso quanto mai attuale. In tal senso Occupy White Walls appare come una delle invenzioni più interessanti degli ultimi anni. E se, come già abbiamo detto, le gallerie virtuali rappresentano una delle grandi tendenze del momento, si può senz’altro affermare che OWW è un riferimento obbligato.

Occupy White Walls è un mondo virtuale interamente consacrato all’arte. All’interno di questo mondo o si gioca all’artista o al curatore. All’interno di OWW ci sono 75mila gallerie d’arte, create da altrettanti utenti, e ognuno può caricare (facendo ovviamente attenzione ai copyright) opere d’arte d’ogni genere, ma anche opere dei creativi e degli artisti che frequentano quel mondo. C’è di tutto, dalla pittura rinascimentale alle culture sviluppate su internet, e c’è una totale democrazia artistica: nessuno ti giudica per la galleria che crei, purché rispetti i terms of service del gioco). Nessuno ti contesta il fatto di mischiare stili e generi e non è necessario avere alcuna credenziale da curatore per dar vita al proprio spazio espositivo. Tutto è all’insegna della massima libertà e prevale un approccio ludico. In OWW non valgono le regole dell’accademia o della critica ufficiale e ci sono giovani artisti sconosciuti più famosi di Van Gogh.

Il concetto di gioco ricorre spesso nelle parole di Yarden Yaroshevski, il fondatore di Occupy White Walls. Yaroshevski, CEO di StikiPixels, la società che gestisce OWW, conosce bene il mondo dell’arte e le sue dinamiche: ha conseguito un Master of Art alla prestigiosa Central Saint Martins di Londra e poi ha studiato alla London Business School. Come ha scritto, “avremmo potuto chiamare il nostro mondo ‘World of Curation Craft’ o ‘Clash of artistically and architecturally curious people’, ma abbiamo scelto Occupy White Walls”.

Nel mondo dell’arte, OWW è un territorio a se stante. Non risente delle dinamiche dettate dal mercato e funziona come una zona franca, libera dai condizionamenti delle tendenze. Anche se i galleristi del mondo vero spesso buttano un occhio nelle gallerie di questo mondo virtuale, e ogni tanto scovano dei talenti da esportare nelle gallerie di mattoni. E’ il caso di Rosa Francesca, una digital artist inglese che cerca di capire come rendere più fruibile l’arte per le persone con disabilità grazie a tecnologie come il riconoscimento facciale e il brain monitor. “Rosa Francesca è molto popolare nel nostro mondo”, spiega Yaroshevski. “E qualche tempo fa una galleria di Londra ha visto le sue opere in OWW e l’ha contattata per esporre nel mondo vero”. C’è quindi un interscambio tra mondo virtuale e reale, c’è comunicazione tra i due ambiti, e questo è un punto fondamentale. L’altro punto di forza di questo mondo virtuale è la presenza dell’intelligenza artificiale. “Nel gioco c’è un sistema proprietario di AI (Artificial Intelligence) che si chiama Daisy e che memorizza i gusti dei singoli utenti”, spiega Yaroshevski. “Man mano che i giocatori visitano altre gallerie, Daisy immagazzina i dati in modo da dare dei suggerimenti. Qui non c’è bisogno di avere una cultura artistica: ogni volta che individui un’opera che ti piace, l’AI ti guida alla scoperta di altri lavori. E non ci preoccupiamo se un artista è famoso o no: l’intelligenza artificiale è totalmente agnostica“. E dato che mantenere il sistema di intelligenza artificiale costa, i programmatori hanno deciso che per ogni opera d’arte che si carica, bisogna pagare 9 dollari. Per il resto non sono previste altre spese: nel gioco c’è una valuta interna, i cosidetti “cubes”, che però non sono convertibili in soldi veri, anche se bisogna utilizzarli per comprare abiti per il proprio avatar o per espandere la propria galleria. “Non si possono comprare opere d’arte, noi non vendiamo arte, però la gente può condividere le opere sui social media”.

Il concetto di Occupy White Walls è molto evoluto. Infatti riflette perfettamente l’idea di mondo virtuale come social network e considera espressioni di sé l’avatar, l’opera d’arte e la galleria stessa. Tutto è finalizzato a potenziare questa idea di rete, dal portale Kultora al blog. “L’aspetto della community è uno degli aspetti di cui siamo più orgogliosi”, nota Yaroshevski. “Ogni galleria ha un desk con i commenti degli altri utenti e ogni singolo artista è presente su Kultura, il portale di OWW con i dati di tutti i creativi presenti nel mondo virtuale, aggiornato in tempo reale. Su Kultura ogni artista ha una pagina con la sua biografia, i link ai progetti e le informazioni sulle interazioni con gli altri utenti”. Si tratta di un database imponente, se si pensa alle dimensioni di questo mondo virtuale. “Abbiamo 75mila giocatori, che vuol dire altrettante gallerie. Se calcoliamo lo spazio di tutte le gallerie, è 540 volte più grande del Louvre: c’è un senso di grandeur rinascimentale”, dice soddisfatto Yaroshevski. La galleria è un elemento centrale nell’economia di OWW. “La galleria come organismo architettonico è parte integrante del processo creativo. Qui l’esplorazione della galleria è un fatto artistico. Non penso che i tour a 360° si possano considerare vere gallerie virtuali. Sono molto diverse da spazi come questi, dove scopri sempre qualcosa di nuovo”. D’altra parte ogni galleria è di per se stessa un’opera d’arte: alcune sono neoclassiche, altre ispirate alla Metafisica ludica di Myst, altre, come Artificialia, la galleria di Matteo Bonvicino, romanziere e creativo dal versatile ingegno, reinterpretano in chiave attuale l’idea di Wunderkammer.

All’interno delle gallerie si trovano gli stili più disparati, e naturalmente sono ben rappresentati gli stili legati alla Net Art. “Da noi è molto popolare lo stile vaporwave, un classico delle culture di internet, ma va molto anche la glitch art“. Occasioni, quindi, per trovare lavori strettamente legati alla contemporaneità, visti in contesti architettonici che paiono entrare in osmosi con l’opera d’arte. Spesso in questo mondo l’artista è gallerista e curatore di se stesso. “Negli ultimi anni la concezione stessa di collezione è cambiata radicalmente. Prima tutto era improntato sulla ricerca. Se eri appassionato di musica jazz e cercavi un vinile raro, dovevi darti molto da fare. Adesso trovare le cose, anche quelle rare, è relativamente facile, e l’accento si è spostato sulla capacità di riorganizzare le collezioni. In questo periodo di grande abbondanza per i collezionisti, il ruolo più importante è quello del curatore, così come quello dell’intelligenza artificiale. Credo che milioni di persone potrebbero curare una galleria d’arte, se gli si offrissero gli strumenti giusti: penso a tutte le persone che ctrano raccolte di immagini su Pinterest. Sostanziamente fanno un lavoro da curatori”.

Questo mondo virtuale strutturato come una supergalleria può quindi essere utilizzato e interpretato secondo vari livelli di lettura. Ci si può cimentare come curatore, si può creare un proprio spazio personale (torna in mente MySpace) dove la galleria e le opere sono un tutt’uno e si può frequentare OWW considerandolo un social network a tema. Ma una delle opzioni più rilevanti continua ad essere quella di vetrina artistica. Per un giovane emergente proporre la propria arte su OWW è un’occasione da considerare. E’ molto più facile che cercare di approdare in una galleria o in una fiera internazionale. Il mondo virtuale di Yaroshevski comprende vari esempi di artisti che hanno guadagnato rapidamente notorietà. Uno di questi è Michael Archibald, un artista canadese che è stato tra i primi a esporre su OWW. “Archibald ha 250 followers su Instagram”, spiega Yaroshevski. “Su OWW ha ca ricato 20 opere, e, come si evince dalle statistiche su Kultura, ha venduto 22.425 volte le sue opere a 7382 utenti. Questo artista non è noto al di fuori del metaverso, però può andare in una galleria del mondo vero, prendere il telefono e mostrare le statistiche”. In tal modo, ecco che si crea un cortocircuito col mondo vero. Ma non è l’unico modo. Occupy White Walls intrattiene relazioni con vari musei che stanno fuori dallo schermo. “All’interno di OWW c’è gran parte della collezione della National Gallery di Londra, con più di 2300 opere, tra cui il 58% di quelle non esposte nel museo fisico. Abbiamo anche digitalizzato l’edificio, con tutti gli ambienti interni. Adesso stiamo lavorando con il Birmingham Museum of Art“, aggiunge Yaroshevski. A volte, poi, intervengono anche curatori attivi nel mondo vero. Per esempio, recentemente su OWW è stata organizzata una mostra dedicata a Paul Cézanne, con David Jaffe, curatore alla National Gallery di Londra e al Getty Museum di Malibu, che per un’ora e mezza ha spiegato la mostra, soffermandosi sulle opere presenti nella galleria virtuale. L’intervento è stato trasmesso in streaming con Twitch”.

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